L’evoluzione strumentale nel monitoraggio satellitare del ghiaccio marino: dal SMMR all'AMSR2
Il monitoraggio satellitare del ghiaccio marino rappresenta una delle serie osservazionali più lunghe e consistenti nel campo delle scienze climatiche. Grazie ai radiometri passivi a microonde in orbita polare, è stato possibile osservare, dal 1978 ad oggi, l’evoluzione stagionale e pluridecennale dei ghiacci marini artici e antartici, indipendentemente dalle condizioni di luce e copertura nuvolosa, particolarmente critiche alle alte latitudini.
I radiometri passivi a microonde rilevano la radiazione naturale emessa dalle superfici terrestri e oceaniche alle lunghezze d’onda delle microonde. A queste frequenze, ghiaccio marino e acqua libera presentano proprietà emissive nettamente diverse: il ghiaccio ha una maggiore emissività (generalmente tra 0.92 e 0.98), mentre l’acqua liquida ha emissività inferiori (tipicamente 0.5–0.6 a 19 GHz). Questo contrasto fisico consente, attraverso algoritmi multispettrali, di derivare la concentrazione di ghiaccio marino su scala globale.
Il primo radiometro operativo: SMMR (1978–1987)
Il primo sistema strumentale di osservazione sistematica del ghiaccio marino fu il
SMMR (Scanning Multichannel Microwave Radiometer), installato sul satellite NASA Nimbus-7 e operativo dal 1978 al 1987. Il SMMR operava su 5 frequenze (6.6, 10.7, 18, 21, e 37 GHz), rilevando le emissioni sia in polarizzazione orizzontale che verticale. La sua risoluzione spaziale variava da circa 27 km (a 37 GHz) fino a 148 km (a 6.6 GHz), con un angolo di osservazione fisso di 50°.
Il SMMR rappresentò la base per lo sviluppo dei primi algoritmi operativi di stima della concentrazione del ghiaccio, come il NASA Team Algorithm, che è rimasto un riferimento per diversi decenni. Tuttavia, la sua risoluzione limitata e l’assenza di copertura globale giornaliera continua rappresentavano alcuni limiti per un uso pienamente climatologico.
L’evoluzione tecnologica: SSM/I (1987–2009)
Nel 1987, con l’avvio della costellazione militare DMSP (Defense Meteorological Satellite Program), venne introdotto il radiometro
SSM/I (Special Sensor Microwave/Imager), operativo fino al 2009. Questo sensore costituì un salto tecnologico notevole:
- Frequenze operative: 19.35, 22.235, 37.0, e 85.5 GHz;
- Doppia polarizzazione (tranne a 22 GHz);
- Risoluzione spaziale migliorata fino a ~12.5 km sulle frequenze più alte;
- Angolo di osservazione standardizzato a 53.1°, ottimale per un’orbita polare sincrona col sole.
Lo SSM/I ha permesso per la prima volta una copertura quasi continua e globale due volte al giorno, con un’alta stabilità radiometrica, rappresentando la base principale dei dataset NSIDC (come il Sea Ice Index) per oltre vent’anni. Le sue caratteristiche hanno reso possibile una rigorosa costruzione di serie climatologiche affidabili per lo studio dei trend di lungo termine nella criosfera marina.
L'estensione funzionale: SSMI/S (2003–oggi)
Nel 2003 è stato introdotto il radiometro di terza generazione
SSMI/S (Special Sensor Microwave Imager/Sounder), sempre a bordo dei satelliti DMSP (F16, F17, F18). Rispetto al predecessore, l’SSMI/S ha mantenuto continuità strumentale per il monitoraggio del ghiaccio marino, ma ha integrato capacità aggiuntive per il sounding atmosferico:
- Frequenze: 19.35, 22.235, 37.0, 91.655 GHz (imager); bande aggiuntive a 50–60 GHz e 183 GHz per il sounding atmosferico;
- Miglioramenti di risoluzione modesti ma maggiore versatilità nei dati atmosferici;
- Stabilità nella stima della concentrazione del ghiaccio grazie all’eredità algoritmica diretta dallo SSM/I.
Questa piattaforma ha garantito la prosecuzione del monitoraggio globale ma, negli ultimi anni, ha cominciato a manifestare criticità operative legate al progressivo invecchiamento dei satelliti e al ridotto accesso ai dati da parte del Dipartimento della Difesa USA, che ne gestisce i flussi prioritari. Il rischio di discontinuità nella serie climatologica si è quindi progressivamente accentuato.
La transizione in atto: AMSR2 (dal 2012)
Per garantire la continuità osservativa della criosfera marina, l’NSIDC sta progressivamente transitando verso il radiometro giapponese
AMSR2 (Advanced Microwave Scanning Radiometer 2), operativo dal 2012 a bordo del satellite JAXA GCOM-W1 "Shizuku".
L’AMSR2 introduce innovazioni sostanziali:
- Ampia gamma di frequenze operative: da 6.9 GHz a 89 GHz;
- Migliore discriminazione tra ghiaccio sottile, acqua libera e superficie innevata;
- Risoluzione spaziale superiore (fino a 10 km sulle bande alte);
- Elevata stabilità radiometrica certificata;
- Continuità garantita dalla gestione civile giapponese, indipendente dalle logiche militari.
Grazie a queste caratteristiche, AMSR2 permette osservazioni più accurate dei margini del ghiaccio marino, delle polynie e dei canali di leads, aree particolarmente dinamiche e critiche nel bilancio energetico polare.
La sfida della calibrazione inter-sensore
Il passaggio da un sensore all’altro non è però immediato: ogni radiometro possiede caratteristiche specifiche di footprint spaziale, frequenza, sensibilità emissiva e angolo di osservazione. Per evitare discontinuità artificiali nella serie storica, il NSIDC sta implementando una rigorosa fase di calibrazione inter-sensore, basata su:
- Analisi statistica dei periodi di sovrapposizione (overlap period);
- Determinazione sistematica dei bias tra le piattaforme;
- Applicazione di algoritmi di correzione e fusione dei dati (blending).
L’obiettivo finale è garantire che la serie climatologica, iniziata nel 1978, rimanga scientificamente consistente e omogenea anche nel nuovo scenario osservativo. Studi recenti (Meier et al., 2021) confermano la possibilità di ottenere dataset climatologici robusti tramite questa strategia di calibrazione incrociata.
Conclusioni
L’evoluzione tecnologica dei radiometri passivi a microonde ha permesso alla comunità scientifica di disporre oggi di una delle serie osservazionali più solide e longeve per il monitoraggio del cambiamento climatico polare. La transizione verso il sistema AMSR2 non solo preserva questa continuità, ma introduce anche potenzialità superiori per il monitoraggio operativo ad alta risoluzione, in grado di descrivere con maggiore dettaglio i rapidi cambiamenti in atto nella criosfera.
Tuttavia, la piena consapevolezza scientifica della transizione strumentale deve essere mantenuta in tutte le analisi climatologiche future, documentando chiaramente le caratteristiche delle diverse piattaforme osservazionali che hanno contribuito alla costruzione di questa fondamentale serie temporale globale.